L’Istituto delle Suore Stabilite nella Carità è sorto a Firenze il 4 agosto 1589. La sua nascita è dovuta all’opera del sacerdote Vittorio dell’Ancisa, che aveva vissuto un’esperienza comunitaria a Roma, a S. Girolamo della Carità, insieme a S. Filippo Neri. Nel 1584, nominato erede dal fratello, Vittorio tornò a Firenze e, su consiglio di S. Filippo Neri, pensò di usare i beni a beneficio dei pellegrini poveri che dovevano recarsi a Roma e si fermavano a Firenze per un giorno di riposo. Egli chiese ed ottenne dal Granduca del tempo, Ferdinando I dei Medici, l’antico ospedale del Porcellana, in Via della Scala, che chiamò poi con il nome significativo di “Carità”, per suggerimento di S. Filippo.

Dopo aver iniziato ad accogliere pellegrini, nel 1589 gli venne chiesto di dare riparo a fanciulle rimaste sole; dopo l’arrivo della prima fanciulla, si presentò il bisogno di accogliere altre ragazze da sfamare, formare, seguire, educare, togliere dai pericoli.

L’opera fu apprezzata e sostenuta dall’Arcivescovo di Firenze e dai Granduchi di Toscana.

Con l'insegnamento del “leggere e dello scrivere”, con la cura della formazione della donna, furono poste le basi del “conservatorio” cioè di un luogo di educazione che Pietro Leopoldo poi organizzerà in tutta la Toscana. É del 1785, ad opera del “motu proprio” del Granduca, con l’istituzione statale dei conservatori, l’organizzazione delle prime due classi di "scuola elementare" gratuita, per maschi e femmine.

Fondatore Vittorio dell’Ancisa

Vittorio dell'Ancisa

Ma con l’annessione della Toscana all’impero francese, il 31 maggio 1808, le Stabilite furono soppresse, espulse e disperse e nel 1817 Ferdinando III assegnò loro, perché si dedicassero all’educazione delle fanciulle del rione, l’antico monastero di S. Pietro a Monticelli.

I tempi, i bisogni e gli interventi statali hanno poi richiesto alle religiose di adattarsi alle nuove richieste e di intuire le necessità del momento: queste due qualità tanto raccomandate da Vittorio, unitamente allo spirito di libertà e di amore verso Dio e verso il prossimo, hanno consentito alle Stabilite di superare la bufera della soppressione napoleonica, che ha loro tolto la “casa natale”, e le varie soppressioni dello Stato Italiano che le ha trovate povere ma vive nell’attuale conservatorio di S. Pietro a Monticelli, concesso nel 1817 in surrogato di quello di Via della Scala.

 

 

Dopo un secolo di grande impegno nella scuola di lavoro e nell’educazione elementare, nel 1921 le religiose hanno rafforzato la loro opera educativa rivolgendosi ai bambini della seconda infanzia ed hanno aperto l’“asilo”, poi divenuto scuola materna e scuola dell’infanzia, prima a Monticelli e successivamente in altre case, sempre in mezzo al popolo, per concretizzare il loro impegno a favore dei bambini e dei fanciulli.

Il secondo dopoguerra ha loro richiesto risposte più organiche e strutturate: impegno per un'istruzione qualificata e formazione della persona nei vari gradi di scuola: materna, elementare, media e magistrale.

Seguendo le direttive della Chiesa, le Stabilite hanno poi deciso di aprirsi alla Missione e, accogliendo l’invito del cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, il 4 agosto 1989, quattrocento anni dopo la fondazione, hanno dato inizio alla loro attività a Salvador Bahia (Brasile) dove si dedicano alla evangelizzazione e promozione umana dei fanciulli e dei giovani delle “favelas”, vivendo il loro carisma in mezzo alle popolazioni più povere.

Attualmente, oltre che in Italia e in Brasile, le Stabilite prestano il loro servizio in Africa. La decisione, maturata nella preghiera, è scaturita dal desiderio di diffondere e ridonare alla Chiesa universale il carisma ricevuto. In Italia, in Brasile e in Burkina Faso, le Stabilite continuano ad “accogliere, educare, preparare alla vita”, con “discrezione” e carità; esse uniscono la contemplazione all’azione, sicure che, se condiviso con la comunità ecclesiale, il carisma riceverà slancio e vitalità, spirito di novità, soprattutto là dove la dignità della persona e della donna non sempre è riconosciuta. La “Carità” non è più il convento ma la comunità umana e cristiana, la realtà in cui siamo chiamate a vivere il mistero di Cristo che accoglie, educa e si china sull’uomo di oggi che ha tanto bisogno di “amore”.